Sabato 27 settembre 2025 si è svolto a Lequio Tanaro (CN), organizzato dal sodalizio
Spiriti Liberi, un convegno sui Piccoli Comuni, quali potenziali fattori di “sviluppo delle
eccellenze e competenze italiane” e di “integrazione e competitività territoriale”.
Tematiche quanto mai stimolanti, così come significativa è stata la presenza tra i relatori,
oltre che di sindaci e amministratori locali, di docenti universitari, esponenti delle realtà
produttive e industriali, ecc.
Si è infatti parlato di tessuto economico e lavorativo, di
servizi e infrastrutture quali i trasporti e le energie rinnovabili, e più in generale delle
condizioni per contrastare o invertire lo spopolamento delle zone “marginali”. Per fare
qualche semplice esempio, in Italia 44.000 chilometri di rete idrica “colabrodo”
richiederebbero interventi urgenti; quanto al monopolio del trasporto privato e su gomma,
esso fa sì che la prima causa di morte e di invalidità siano gli incidenti stradali. Per non
dire poi della sanità e della scuola, del dissesto ambientale e idrogeologico, del patrimonio
edilizio e artistico, ecc.
Concetti come “declino irreversibile”, o addirittura “eutanasia demografica” dei piccoli
comuni, sono spesso impliciti nelle inadeguatezze e nel caos normativo (più di 45.000
leggi, contro le 5000 della Germania!), ma talora persino espressi apertamente, come nel
“Piano strategico nazionale per le Aree interne” varato nell’aprile scorso. Occorrono, al
contrario, in un’ottica di “proporzionalismo”, strumenti e incentivi per favorire una
ridistribuzione più equilibrata, così come della ricchezza e dei fattori economici, anche
della popolazione. Le aree “depresse” e abbandonate, se opportunamente valorizzate e
tutelate, possono restituire un rapporto con la natura e con valori umani autentici, offrendo
una qualità della vita migliore rispetto ai grandi centri congestionati e alle periferie
degradate. L’ “osso” desertificato e la “polpa” cementificata potrebbero tornare a una
nuova vita, più giusta e dignitosa.
A questo punto si obietta, di solito, che mancano le risorse, che la coperta è corta. Ma i
soldi ci sono, invece, per la follia del riarmo, per pagare vitalizi, pensioni d’oro e consentire
elusioni fiscali anche ai patrimoni multimiliardari.
Il fatto è che il problema è morale e culturale. Sarebbe necessario un generale
ripensamento, una radicale inversione di rotta. Se possibile un nuovo Rinascimento, di cui
il nostro Paese potrebbe farsi promotore dopo aver dato tanti cattivi esempi, dalla
Controriforma fino al ventennio fascista e a quello berlusconiano. Bisogna uscire dai
paraocchi del pensiero unico, dai riflessi condizionati dell’ultimo mezzo secolo di
neoliberismo oligarchico e predatorio. Pensare in grande: per esempio, anche a uscire
dalla Nato, o da un’Europa di burocrati e banchieri, proponendo semmai una federazione
di Stati Uniti d’Europa. O meglio, della Terra, superando lo stato-nazione a favore di forme
più evolute di democrazia e fratellanza umana. Ispirarsi, perché no, ai messaggi di un
Gandhi e un Capitini, del Cassola che propugnava il disarmo unilaterale, del Capanna che
ipotizza un Parlamento mondiale, di Edgar Morin che a 104 anni continua a parlare di
“patria terrestre”.
Insomma, non manca certo il materiale per altri futuri convegni, che sollecito gli amici
“spiriti liberi” a indire senz’altro.
Luigi Franco


